La passione per la musica scritta per questo strumento mi é nata qualche anno fa, quando leggendo semplicemente alcuni brani di Alfonso Ferrabosco II ne sono rimasto affascinato, sia per la loro qualità, che per la quantità. La fonte di queste composizioni é la stampa del 1609 che appare col titolo "Lessons for 1.2. and 3 viols by Alfonso Ferrabosco, printed by Thomas Snowdham for Iohn Browne, London 1609." Ferrabosco vi presenta tre accordature, diverse da quella comunemente adottata "re - sol - do - mi - la - re". Laddove Ferrabosco II é un capostipite, la sua influenza sulle generazioni future é stata enorme, a cominciare da Coperario, Lawes, Corkine, Jenkins e a seguire con il "Manchester lyra viola book". Il desiderio di conoscere questa musica più profondamente mi ha spinto ad elaborare un'idea per la realizzazione di uno strumento specialmente dedicato alla sua esecuzione. Il compito si proponeva arduo, vista la mancanza diretta di un esemplare di lyra che fosse sopravissuto fino ai nostri giorni. Basandomi sulle descrizioni dell'epoca, sul lavoro precedente di alcuni pionieri, ed anche sulla mia esperienza diretta, acquisita con un'altra lyra della mia collezione, ho articolato un'idea per poi passarla ad un liutaio di fiducia per la sua costruzione.
Le domande che mi ero posto, e a cui dovevo dare risposta erano:
- qual'era il diapason, ovverossia la lunghezza della corda vibrante, per me ottimale, e di conseguenza, quali erano le dimensioni della cassa;
- doveva lo strumento avere delle corde di risonanza, ed in questo caso, in quale numero e fattura, e come erano da accordarsi;
- qual'era il diapason d'accordatura.
Un esame della musica per lyra viola rivela necessaria, per una mano di dimensioni normali, una lunghezza della corda vibrante di circa 60 cm., vista la necessità di diteggiare accordi concepiti alla maniera del liuto e per minimizzare la possibilità di sviluppare dolori muscolari o tendiniti. [A. Otterstedt, Chelys: Journal of the Viola da Gamba Society, v. 20 (1991) pp. 43-51]. La stessa studiosa Annette Otterstedt indicava questa misura e le dimensioni di un piccolo basso, in particolare il modello John Rose del 1598, ora custodito al Ashmolean Museum di Oxford. [A. Otterstedt, "L'Echo de la Viole, 2000"] Ciò trova consenso nell'esperienza di Shem Mackey [The Viol, 2012 (28)]. Avendo gia' un'altra lyra di ottima fattura del liutaio Alexander Batov, per la quale avevo optato a suo tempo per la misura di 67 cm., nonostante il suggerimento contrario del liutaio, mi ero quindi finalmento deciso in questa occasione per una misura intorno ai 60 cm., seguendo il comune consenso, nonché la mia esperienza personale. Dalla lunghezza della corda può essere facilmente estrapolata la dimensione della cassa.
Per ciò che riguarda il diapason di accordatura, le fonti dell'epoca non danno informazioni oltre al fatto che il cantino debba essere teso il più vicino possibile al punto di rottura. Per avvicinarsi alla "forma mentis" rinascimentale riguardo al diapason, bisogna abbandonare la nostra attitudine dei tempi moderni che ruota attorno ad un concetto di diapason fisso, e quindi con le note poste ad una altezza assoluta ed immutabile. Infatti, in un mondo dominato dalla solmisazione, la trasposizione regnava sovrana, con gli esacordi naturale, molle e duro che per loro natura fornivano il germe della trasposizione sia una quarta che una quinta sotto e sopra. Per ciò che concerne una lyra di 60 cm. di lunghezza della corda, un'accordatura in Re, ad esempio a la=415, risulterebbe di gran lunga troppo bassa. Non solo si incontrerebbero dei seri problemi a trovare una sesta corda in budello da accordare a LA nelle due accordature più estreme, cioé "The second" e "The Third Tuning", ma la musica mancherebbe del lustro necessario. Lo strumento richiede un diapason più alto, cioe' la=500, il che equivale a dire un'accordatura standard in FA al diapason di la=415. Questo ha senso, se consideriamo che una viola tenore di circa 54 cm viene accordata in Sol, una tenore grossa, come questa starà bene in FA. Non solo la prima corda sarà compatibile con lo strumento la cui lunghezza della corda è di circa 60 cm., ma la sesta si potrà spingere nel grave sino al Do delle accordature più estreme; il tutto adottando un'incordatura storica con tutto budello. Nell'elaborare la mia soluzione, ho tenuto quindi conto della compatibilità tra il cantino e la sesta corda nelle tre accordature storiche che Alfonso Ferrabosco II ci presenta. Queste sono, nell' ordine della sua pubblicazione del 1609 :
- "The First tuning" ;
- "The Second Tuning" ;
- "The Third Tuning".
"The First Tuning", o "Lyra Way" (Bandora) include gli intervalli di una quarta, una quinta, una quarta, una terza maggiore, ed una quarta. Nell'intavolatura, questi vengono indicati dalle lettere "f - h - f - e - f". [Queste, a loro volta, indicano su quale tasto bisogna mettere il dito per ottenere la stessa nota della prossima corda vuota in acuto.] (Le lettere dell'alfabeto indicano ciò in senso ascendente, con "a" per la corda vuota, "b" in primo tasto, "c" il secondo, e così via.
"The Second Tuning", detta anche "fifths" [quinte] é caratterizzata dagli intervalli, partendo dal grave ed andando verso l'acuto, di una quinta, una quarta, una quinta e due quarte. Nella stampa del 1609 questi vengono definiti dalle lettere "h - f - h - f - f".
"The Third Tuning", detta anche "Eighths" [ottave], consiste interamente di intervalli di quarta e di quinta, in questo caso partendo al grave con una quarta. La scrittura in intavolatura é : "f - h - f - h - f".
Queste due ultime accordature sono le più estreme, dato che in entrambi i casi, tra la sesta e la prima corda abbiamo la notevole estensione di due ottave e mezzo.
Con l'intento di cambiare il minor numero possibile di corde tra queste prime tre accordature storiche, sono partito dalla seguente:
VI Do
V Fa
IV do
III fa
II la
I re
per l’accordatura "The First Tuning".
Volendo quindi muoversi nel territorio delle altre due accordature più estreme, si può procedere a cambiare la I e la II corda rispettivamente in fa e do, scegliendo ovviamente degli spessori adeguati. A questo punto, e senza aver toccato le altre corde, otteniamo "The Third Tuning". [Ottave].
Per ottenere invece "The Second Tuning", [quinte], le prime due corde, I e II, possono essere lasciate alla stessa accordatura di fa e do. Bastera' quindi cambiare la III e la V corda dai Fa ai Sol (a distanza di ottava).
Alfonso Ferrabosco è certamente stato uno dei primi ad usare la lyra viola. Dalle descrizioni di Praetorius, M. [Syntagma Musicum II, De Organographia, 1616] e Playford, J. [Musick’s Recreation on the Viol, Lyra-way, 1661] possiamo dedurne le caratteristiche, sebbene nel processo di ricostruzione si debbano riempire diversi vuoti. La presenza delle corde di risonanza mi è sembrata quindi necessaria per conferire allo strumento il suo carattere specifico, e ciò trova riscontro in entrambe le descrizioni. Queste influenzano anche drasticamente il modo di suonare, visto che nell'archeggiare una nota bisogna ben tenere conto della risonanza che si crea, e quando questa andra a decadere. Ciò per non interferire con le note seguenti, quando queste sono incompatibili. Ovviamente, principalmente si parla del colore del suono, e non è sempre possibile stoppare il suono come si farebbe su di un'arpa celtica. Insomma, lo strumento mantiene il suo colore speciale, proprio come in maniera simile fanno, in termini di risonanza, la tiorba ed il liuto attiorbato. Mi è sembrato desiderabile avere il maggior numero possibile di corde di risonanza, aderendo così alla descrizione di Praetorius. Con otto corde si può ottenere una scala misolidia, partendo dal do all'ottava sopra della sesta corda. Su questa base di partenza, c’era anche la possibilita' di variazioni, per il mi, fa e si, oltre che per il do grave, per chi lo desiderasse.
Ho parlato della mia idea a Marianna Ercole e a Nedim Dervic del laboratorio di liuteria "Ca'Rion" nella stupenda cornice Piemontese di Mondovì, i quali l'hanno accolta con entusiasmo, nonostante i diversi problemi che si presentavano e richiedevano via via una soluzione appropriata.
Per cominciare, il modello John Rose 1598 dell’Ashmolean Museum richiedeva di essere giustamente proporzionato in scala per ottenere la lunghezza desiderata della corda vibrante di circa 60 cm.
Anche una considerazione di ordine strutturale si imponeva, vista la presenza delle corde di risonanza. Il piano armonico doveva forse essere rinforzato?
Avevo dei dubbi a riguardo del numero delle corde di risonanza, se le otto che desideravo potessero essere accomodate all'interno del manico senza creare problemi di interferenza le une con le altre, producendo quindi dei ronzii indesiderati.
Desideravo anche che le corde basse di risonanza fossero accordate solo un’ottava sopra le loro relative corde vuote da suonare con l’arco, e non due ottave sopra. Questo richiedeva di calcolare precisamente gli spessori delle corde di rame, atte a questo fine.
Avevo inoltre proposto che queste corde di risonanza venissero ancorate nella scatola del riccio, e facendo capo in basso a delle caviglie, come quelle di un clavicembalo, impiantate nel blocchetto inferiore. L'accordatura era così da effettuarsi con un'apposita chiave per clavicembalo. Un numero di viole ci è pervenuto con i fori tappati in questa posizione, senza peraltro poter stabilire se i fori fossero per l'ancoraggio dei perni d’attacco o delle caviglie. Esiste una viola d'amore, proveniente da Salisburgo, di autore anonimo, di forma "festooned", custodita al V&A Museum di Londra, che adotta proprio questo sistema. Avevo rilevato nella mia esperienza con le corde di risonanza, che queste ultime, essendo di metallo, tengono l'accordatura in maniera alquanto stabile , e quindi non richiedono un'accordatura continua, come quelle di budello. Tra l’altro, l'accordatura con questo sistema da me proposto della chiave, per accordare quindi con facilità, richiede soltanto di poggiare momentaneamente l'arco e di porre lo strumento in posizione orizzontale. Il suo vantaggio consiste inoltre, di avere una scatola del riccio di dimensioni normali, contenendo le sole sei corde che si suonano direttamente con l'arco.
Dopo varie consultazioni, Marianna e Nedim mi hanno consigliato senz'altro di avere due ponticelli separati, ciascuno per una serie di corde. È stato loro compito quindi, il cui hanno risolto brillantemente, di trovare la posizione ideale del piccolo ponticello per le corde di risonanza, in modo da conservare l'inclinazione voluta ed ideale del manico.
I perni di aggancio nel riccio sono poi stati ricoperti da piccoli cappucci decorativi di osso bianco.
In conclusione, la viola si presentava come uno strumento strutturalmente molto flessibile e vibrante, come mi aspettavo da uno realizzato mediante la tecnica costruttiva storicamente accurata della tavola a doghe piegate in 5 pezzi. In più, avevo il beneficio di otto meravigliose corde di risonanza simpatiche come richiesto! Esteriormente la viola esibiva una fattura di grande raffinatezza. Avevo proposto che fosse verniciata ad olio, e Marianna e Nedim, si sono davvero fatti in quattro per soddisfare anche il mio desiderio dal punto di vista estetico. Ulteriori informazioni e delle bellissime fotografie possono essere ammirate direttamente sul loro sito web, Liuteria Ca'rion.
Inoltre la viola puo' essere ascoltata ed osservata in azione nella mia prima serie di 14 video registrati dal vivo e dedicati ad Alfonso Ferrabosco II.
La viola mi e' stata consegnata in giugno del 2019, munita di tutte le corde necessarie per le tre accordature storiche di Alfonso Ferrabosco, dopo una costruzione che ha dimostrato non solo la competenza, la professionalità, l'ingegno, l'entusiasmo e la passione per le cose belle di Nedim e Marianna, ma anche e sopratutto la loro flessibilità, la capacità di ascoltarmi, ed il loro genuino desiderio di venirmi incontro in tutte le mie richieste per la fattura di una viola meravigliosa.
Oreste De Tommaso, Linlithgow 4 settembre 2021